Fecondazione militarmente assistita… di  Bianca Cerri 04 Jun 2005

Brenda Clark, Michelle Pearson e T´nasa Harris sono tre giovani americane accumunate da un´adolescenza turbolenta e, ancora prima di essere arrestate, sapevano che il carcere può essere un posto molto pericoloso. Quello che non immaginavano è che il pericolo sarebbe arrivato dagli uomini cui erano state affidate dall´amministrazione penitenziaria, convinti che ogni violenza ai danni dei reclusi sia lecita, compresa quella sessuale. Ora le tre ragazze sono incinte e il Dipartimento di Giustizia sarà finalmente costretto ad ammettere che la violenza carnale è divenuta ormai un pedaggio obbligatorio nei penitenziari USA, al quale è impossibile sottrarsi. Il Codice Penale vieta espressamente al personale di custodia ogni genere di rapporto personale con i detenuti ma le gravidanze di Clark, Pearson ed Harris, tutte iniziate durante la detenzione, provano che le guardie carcerarie trasgrediscono spesso a volentieri a quelle regole che impongono anche con la forza ai reclusi. Nella sola Scott Facility, in Michigan, quasi 200 donne avevano denunciato aggressioni sessuali da parte degli agenti ma altrettanti giudici si erano rifiutati di ascoltare le loro storie, così come molti colleghi degli stupratori, pur essendo a conoscenza dei fatti, erano rimasti in silenzio “per non screditare la categoria“. Sentendosi abbandonate e costrette a subire altra violenza dalle guardie, otto donne incarcerate, Alicia Smith, Sonya Grissom ed altre sei compagne, hanno deliberatamente messo fine alla propria esistenza nella Scott Facility. “Alicia ha tentato con ogni mezzo di sottrarsi ai soprusi prima di uccidersi”, dicono i genitori, “ma nessuno ha voluto ascoltarla, a cominciare dal Ministero dell’Interno“. Sonya Grissom aveva invece tentato di togliersi la vita per la disperazione ma le violenze degli agenti erano continuate fino a che la donna,30 anni, non ha trovato la morte. Nessuna indagine è mai stata aperta come pure non risultano inchieste sulla fine di Katherine Finzel, morta suicida in carcere nel 1993 dopo aver denunciato uno stupro. Nonostante la presenza di quattro testimoni, le autorità non hanno mai ritenuto opportuno indagare sul presunto colpevole, Albert Moon, che risulta ancora regolarmente in servizio. Clark, Pearson ed Harris si trovano ora davanti una drammatica realtà: i figli che aspettano sono frutto della violenza ma, anche se lo volessero, non potrebbero liberarsene abortendo perchè le detenute non possono avvalersi della legge sull’aborto, essendo sottoposte alla sospensione dei “diritti civili” fino a quando la pena non è completamente scontata. Nel caso di Harris, condannata all’ergastolo, questo significa che la donna darà alla luce il figlio in carcere e potrà tenerlo con sè soltanto fino al compimento del sesto anno di età. Gli altri sei figli, rinchiusi attualmente in vari orfanotrofi, potranno invece rivedere la madre soltanto dopo il compimento del 18° anno di età. Nathleen Mason, un’altra donna stuprata dalle guardie carcerarie dice: “Ora che sono tornata libera sto cercando di dimenticare. Trovare il coraggio di denunciare il mio stupratore è stato difficile, mi ci sono voluti molti mesi. Poi mi sono decisa ed ho scritto una lettera al Ministero dell’Interno. 24 giorni dopo, mi è arrivata la risposta: Il fatto non sussiste e cari saluti ….”. Bianca Cerri b.cerri@reporterassociati.org

2 Risposte a “Fecondazione militarmente assistita… di  Bianca Cerri 04 Jun 2005”

  1. Yoooo, w i psicofarmaci non autorizzati dall’ azienda….

    Per esempio un k500 per riempirli di fango…. quello si che è un psicofarmaco…

    Devi essere psicotico per comprarlo

    e finisci spesso per prendere ikl grande, mitico, immennso fasrmaco: COOH!!!!( anche il resto mica male!!!”

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