La svendita dell’esodo

Lucia, classe 1929, oggi vive a Padova. Figlia di un ufficiale della Marina imperiale nato in Ungheria e di un’ebrea istriana, proprietaria terriera, è nata e cresciuta a Pola. «A noi istriani ci hanno trattato malissimo e va detto e scritto. L’Italia ci ha trattato e ci tratta malissimo». Ha lasciato, partendo tra gli ultimi sul «Toscana», la casa con le finestre affacciate sull’Arena. In tre famiglie hanno riempito tre vagoni con tutto ciò che potevano portar via, molti mobili antichi di famiglia, di pregio, scomparsi – e mai ritrovati – in qualche magazzino italiano. La vita è ricominciata lontano dall’Istria. Se ha rinunciato alla casa in campagna, ai terreni, alla vecchia villa padronale, se sua nonna,diventata cittadina croata pur di morire a casa, ha preferito lasciare in eredità tutto alla Jugoslavia – accettando di trascorrere gli ultimi anni di vita in una vasta proprietà condivisa con lo Stato, con gli ex coloni e sua, soprattutto per la parte che riguardava le tasse – Lucia a quella casa antica, protetta dalle locali Belle Arti, non rinuncia. «Stanno aspettando che si muoia tutti – dice – così hanno finito di spolparci per benino. Io ho avuto parenti morti nelle foibe, me ne sono dovuta andare dalla mia terra, ma dall’Italia ancora oggi non ho nulla. Acconti e strumentalizzazioni. Finché sono viva a Roma avranno mie notizie. I miei morti non sono morti perché italiani, ma perché ricchi. Era la rivolta dei peones contro il proprietario terriero, la rivincita della campagna sulla città. E poi mio padre era ungherese! Ha fatto la guerra sotto l’Austria-Ungheria, parlava tedesco. Io ho fatto il liceo a Pola, avevo professori tedeschi che insegnavano letteratura italiana! Venivamo da un altro mondo. Certo, durante la guerra siamo sfollati, ma c’era d’aver più paura in campagna che non in città. In fondo i mie genitori avevano visto tanti “ribaltòn”…» Secondo lei la vera pulizia etnica non è passata per le foibe. «Era una storia orribile ed è altrettanto orribile che nessuno l’abbia mai raccontata agli italiani. Ma quando siamo arrivati, noi istriani, eravamo tutti “vittime” degli inglesi. Me li ricordo ancora, gli inglesi alleati dei croati, che ci allontanavano, noi studenti italiani di Pola, dal liceo…»
«Dopo il Trattato di Londra sapevamo già tutto: ma quale Zona A e Zona B… avevano deciso subito! Gli inglesi erano d’accordo coi croati! – commenta – Gli istriani rimasti a Trieste hanno avuto lavoro e case – assistenza, materia in cui Trieste è maestra – in cambio di una svendita dell’esodo. Loro dovevano solo votare per permettere ai politici triestini di galleggiare. Noi istriani della diaspora oltre al danno ci siamo fatti carico anche della beffa. Io desidero solo poter ricomprare un appartamento nella mia casa di Pola, ma il governo croato non lo consente, quello italiano mantiene in vita lo status quo: finché non moriamo tutti siamo considerati delle pedine della storia da continuare a strumentalizzare. Vorrei chiudere tutte le pratiche aperte per richieste di rimborso ormai pluridecennali. Avevamo anche una mini azienda del legno, ma, siccome è stata considerata industria, per quella non ho mai nemmeno provato ad aprire un contenzioso. Ma almeno un appartamento della mia casa natale lo rivorrei».

Francesca Longo, Matteo Moder Storia della Venezia Giulia : 1918-1998 : da Francesco Giuseppe all’incontro Fini-Violante,Baldini Castoldi Dalai, Milano, 2004, pag. 91-93