L'utilità della delinquenza

“Verso il 1840 la disoccupazione, il sottoimpiego sono una delle condizioni dell’economia. Di manodopera ce n’era da vendere.

Ma pensare che la delinquenza appartenga all’ordine delle cose, fa parte probabilmente dell’intelligenza cinica del pensiero borghese del XIX secolo. Bisognava essere ingenui come Baudelaire per immaginarsi che la borghesia fosse stupida e puritana. Essa è intelligente e cinica. Basta leggere quel che diceva di sé, ed ancor di più quel che diceva sugli altri.

Di una società senza delinquenza si è sognato alla fine del XVIII secolo. E poi, dopo, puff. La delinquenza era troppo utile perché si potesse sognare qualcosa di così stolto ed in fondo di così pericoloso come una società senza delinquenza. Senza delinquenza non c’è polizia. Che cosa rende sopportabile alla popolazione la presenza ed il controllo poliziesco se non la paura del delinquente? Quest’istituzione così recente e così pesante della polizia non si giustifica che per questo. Se accettiamo in mezzo a noi questa gente in uniforme, armata, mentre noi non abbiamo il diritto di esserlo, che ci chiede i documenti, che si aggira dinanzi alle nostre porte, come sarebbe possibile se non vi fossero i delinquenti? E se non ci fossero tutti i giorni nei giornali degli articoli in cui ci si racconta quanto numerosi e pericolosi siano i delinquenti?”

Michel Foucault Microfisica del potere, Einaudi, Torino, 1977, pag. 128-129

4 Risposte a “L'utilità della delinquenza”

  1. un altro autore interessante è emilio quadrelli che “con metodo foucaultiano” analizza la deliquenza italiana negli anni settanta. Il libro si intitola:Andare ai resti. Banditi, rapinatori, guerriglieri nell’Italia degli anni Settanta

    ciau

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