Prime considerazioni sulla mia nuova esperienza triestina

Prime considerazioni sulla mia nuova esperienza triestina:
Penso che un’analisi su questi primo periodo a Trieste debba essere fatta scindendo diversi ambiti in cui ho operato/opero in questa nuova realtà.
I – rapporto con gli utenti
II – rapporto con le singole équipe di lavoro
III – rapporto con la coopertiva
IV – rapporto con Azienda sanitaria/Dipartimento di salute mentale.

Avendo girato parecchio l’utenza è chiaramente diversificata: si va da persone con cui si lavora sulla quotidianità a quelle con cui si cerca di raggiungere obiettivi di reale emancipazione (ricerca o mantenimento di un lavoro; casa; rete sociale).
Il modo in cui si lavora è meno lineare che a Udin per via di questi moduli: ore che vengono dedicate da un operatore ad un* singol* utente: sia che questi viva in una struttura (termine bruttissimo) sia che sia una persona seguita da un centro di salute mentale. Quello dei moduli è uno strumento agile per rispondere in fretta ad esigenze critiche. Rischia però di diventare in qualche modo un utile stratagemma per rendere il lavoro dell’operatore ancora più “flessibile” e disagevole quindi.

Le équipe di lavoro sono molto frammentate anche perché si è deciso – o comunque la politica portata avanti è quella – di fare in modo che non si creino gruppi troppo coesi con il rischio che portino avanti discorsi e pratiche scomode sia per quanto riguarda l’ambito lavorativo (quindi rivendicando maggiore tutela e diritti) sia per quanto riguarda la gestione delle strutture (e quindi puntando su discorsi che in psichiatria non possono che essere politici richiamandosi all’esperienza basagliana [esperienza che a Trieste si sta perdendo con un lento ma progressivo ritorno verso l’istituzione chiusa] innanzi tutto).

La cooperativa a Trieste è molto forte e lo si sente. Come si sente anche che è nata per iniziativa di persone che lavora(va)no all’interno del dipartimento di salute mentale con la conseguente ambiguità di rapporti.

L’azienda sanitaria/dipartimento di salute mentale è praticamente assente nella vita degli ospiti delle residenze essendoci una pressoché totale delega alla coopertiva della gestione delle strutture. Quando ci sono i contatti tra équipe di cooperatori e dsm questi avvengono attraverso tecnici – non necessariamente medici, assistenti sociali o infermieri – di un servizio del dipartimento che si occupa di residenzialità e abitazione. Resta certo che al di là dello schermo tuttora esibito di Basaglia la situazione sta collassando (da alcuni anni dicono gli operatori “arrabbiati” che sopravvivono al grigiume quotidiano: almeno da quando c’è stata la privatizzazione della sanità: il passaggio da USL a ASS per intenderci).

Resta fermo il fatto che l’atmosfera è comunque effervescente come del resto ovunque a Trieste: gli scontri e le contraddizioni sono forti e continui o più probabilmente sono io che vivo così la cosa: con l’entusiasmo per le esperienze nuove.
Resta molto interessante – anche se un po’ ipocrita – il seminario cominciato questa settimana sulla vita e l’opera di Basaglia (uno a caso: “I parla sempre le stese robe” mi ha detto un’utente). Basaglia è come un blec per coprire tutte le contraddizioni che ci sono…

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