E ti chiamaron matta

Spesso l’arte e la canzone in particolare hanno parlato della follia talvolta riuscendo anche ad evitare scontati cliché (del tipo follia=libertà o verità o ribellione o pericolosità-inguaribilità…).

Non mi era mai capitato però di sentire di un album interamente dedicato al tema. Ora è uscito E ti chiamaron matta. In realtà si tratta della ripresa di un EP registrato nel 1972 e prodotto da Giovanna Marini per gli storici Dischi del Sole da anni introvabile. L’autore era lo psichiatra-clarinettista Gianni Nebbiosi che lo scrisse pare dopo un ricovero per un esaurimento nervoso prima di cominciare malauguratamente la professione medica.

L’autore di questa ripresa invece è Alessio Lega giovane e promettente cantautore – personalmente al momento attuale il mio preferito al di là di questo disco – che con questo nuovo CD conferma la sua buona vena e ripropone questo breve lavoro (solo 18’54") con il consueto dolce estremismo e con il consueto occhio verso illustri ascendenti (e Lega si è già scelto ascendenti importanti e impegnativi come Brassens, Brel o Ferré senza sfigurarne al confronto….).

Un invito e un suggerimento ascoltatelo con attenzione: è una vera chicca non solo per intenditori e non solo per la truce e cruda bellezza dei versi cantati. Dopo averlo ascoltato mi sono detto “ci voleva!” qualcosa del genere era urgente in un momento di duro attacco alla 180 e in cui gli psichiatri democratici non sono più credibili e pare non siano neppure più in grado di portare avanti discorsi culturali circa la questione del rapporto con la persona folle. Inoltre come dice Nebbiosi in una lettera allegata all’album “le cose in questi quarant’anni non sono tanto cambiate” e anche queste canzoni sono un nuovo inizio di cambiamento.

Qui trovate la registrazione della presentazione dell’album con in più un intervista a Gianni Berengo Gardin, autore di Morire di classe reportage fotografico del 1968 sulla realtà manicomiale italiana [clicca su queste righe]