IO NON SONO MARY POPPINS!

OVVERO NON BASTA UN POCO DI ZUCCHERO (O CAFFÈ) PER MANDARE GIÙ LA PILLOLA

Circa un anno e mezzo fa vedeva la luce ad opera del Dipartimento di Salute Mentale a cui afferisce il reparto 6 un manualetto esplicativo delle funzioni e sull’uso degli psicofarmaci dal titolo Quando gli psicofarmaci bisogna proprio prenderli (?). Sottotitolo Manuale per fornire informazioni utili alle persone che vivono l’esperienza del disturbo mentale e ai loro familiari.

Io all’epoca avevo salutato l’iniziativa con favore (anche se decisamente con sospetto).

Chissà che non sia la volta buona che non si riesca a giungere a un minimo di consenso informato nella somministrazione dei farmaci se non altro per chi conserva un minimo di relazioni sociali e capacità critica pensai e mi parve che questa pubblicazione si muovesse in questa direzione anche nel rispetto del regolamento circa i diritti degli utenti che anni fa questo dipartimento si è dato (regolamento tanto ben fatto da essere poi adottato anche in altre aziende sanitarie… e regolamento che venne approvato mentre quasi tutti punti che prevedeva venivano già sistematicamente violati nella pratica quotidiana ma questa è un’altra storia…)

Mary Poppins è un'infermiera?

In realtà nella pratica di somministrazione dei farmaci io non ho notato nessun cambiamento e infatti non meno di una settimana fa in seguito all’ennesimo acting out di un utente viene chiamata la sua psichiatra di riferimento (tramite centro di salute mentale che non vuole essere contattata sul suo numero di cellulare) curatrice, con la sorveglianza del direttore del dipartimento, del libretto di cui sopra per metterla al corrente della situazione. Come al solito si riconosce come motivo di questi atti violenti sempre e solo la terapia (significativo il fatto che quando in psichiatria a qualsiasi latitudine di dice “terapia” si intenda solo e soltanto quella psicofarmacologica).

Allora ci vengono sollevate questioni circa il fatto che con tal dei tali è difficile fare un colloquio per parlare della “terapia” (e vorrei vedere: se accettasse prono psicofarmaci a palate sarebbe da preoccuparsi); che prende già troppi antipsicotici associati anche se non si potrebbe… come se la prescrizione gliela avessimo fatta noi che i farmaci non dovremmo neppure toccarli tranne poi doverlo fare tramite il diabolico stratagemma della cosiddetta “autosomministrazione” secondo il quale noi dovremmo solo monitorare che gli utenti (tutti gli utenti…) si prendano le loro pilloline e goccine da soli salvo poi dover rispondere di eventuali problemi legati agli effetti collaterali di quei farmaci se presi/dati in modo non del tutto corretto…in tal caso si sa il segreto di pulcinella non regge ed è – pare che qui sia già successo – l’operatore che ne risponde…

Dulcis in fundo in una telefonata successiva ci dice che se lui rifiuta la terapia che gli proponiamo non dobbiamo contrariarlo e di fargli un caffè da correggere con la consueta abbondante dose di gocce e goccine e che loro fanno così nei centri di salute mentale (i più vecchi d’Italia e che non hanno forse più ben presente le loro controverse, oscure e nebulose origini per taluni gloriose ma io non sono della stessa opinione).

Non stento a credere a quanto dice io stesso ho visto cacciare pastiglie bruscamente in bocca di utenti oppure sbriciolate e mescolate con qualsiasi sostanza edibile dalla minestra alla marmellata e giù; o gocce messe in succhi di frutta o coca-cola e se devo credere a quanto mi è capitato di sentire talvolta viene fatto pure nella birra o nel vino.

Io però non ci sto: il discorso terapia farmacologica è delicato e complesso io non mi sono quasi mai rifiutato di darla però non a queste condizioni e in questo modo. Io non accetto di operare contro la volontà di una persona e non solo per il fatto che il mio lavoro si basa sulla relazione che verrebbe minata da un atto vile come quello di travisare i farmaci nel cibo o nelle bevande. Trovo sia un gesto infame e mi rifiuto e mi indigno davanti a un invito del genere. Dico il mio no a questo tipo di pratiche, a questa qualità del lavoro, a questa violenza!

In ogni caso dopo questo episodio mi sono riletto bene quel manualetto però devo dire la verità che non sono riuscito a trovare scritto da nessuna parte il fatto che la “terapia” si debba o possa somministrare nel caffè… ma si sa tra il dire e il fare..

Una risposta a “IO NON SONO MARY POPPINS!”

I commenti sono chiusi.