MEDICALIZZAZIONE E FOLLIA: IL CASO PORDENONESE

A Pordenone il locale Centro di Salute Mentale verrà trasferito da una villetta in mezzo al verde cittadino all’interno dell’ospedale civile.
Del resto il caso di medicalizzazione degli spazi dedicati alla follia di Pordenone non è unico neppure nella regione in cui Basaglia è stato  protagonista: a Cividale del Friuli, ad esempio, in futuro (quanto prossimo pare dipenda più da questioni economiche che da valutazioni scientifico-mediche) il Centro di Salute Mentale non solo sarà a in prossimità dell’ospedale (per quanto non al suo interno), ma verrà in qualche modo associato, se non altro per prossimità fisica, ai servizi per l’handicap e forse al consultorio familiare. E gli esempi anche di residenze per persone con disturbo mentale all’interno di contesti medicalizzati non mancano.
Ma torniamo a Pordenone città che dopo la diaspora degli psichiatri basagliani da Gorizia fu una delle prime dove – con Lucio Schittar già dell’équipe goriziana – si cominciò a lavorare nel senso di una demedicalizzazione del disturbo mentale.
Nella cittadina della destra Tagliamento però questo provvedimento di ulteriore medicalizzazione ha giustamente e forse non a caso fatto sollevare molti di coloro che animano o sono prossimi ai servizi – in particolare cooperanti (1, ,2, 3) familiari e psichiatri “basagliani” – contro un atto che decreterebbe di fatto la fine di una esperienza di riforma.
È evidente che se l’esperienza basagliana ha avuto un senso è stato proprio a partire dalla grande intuizione basagliana che un malato di mente non ha bisogno di un letto di ospedale, cosa sottolineata anche da Franca Ongaro (moglie di Basaglia) fino alle sue ultime interviste.
A prescindere dalla giusta lotta contro questa ulteriore barbarie però la cosa sottolinea ancora una volta il problema della medicalizzazione della follia che dal Rinascimento (l’età classica di Foucault) in poi ha continuato e continua ad imperversare.
Detto questo non posso che associarmi alle rivendicazioni di operatori e familiari pordenonesi – nella speranza che anche altrove ci siano mobilitazioni analoghe – contro questo provvedimento che reputo gravissimo e che non fa che sottolineare come non servano neppure i provvedimenti come quelli di Ciccioli & soci per terminare definitivamente l’esperienza nata a Gorizia ad opera di Basaglia oltre 40 anni fa e poi ratificata dalla legge 180/’78 che viene messa continuamente in discussione dai progetti di controriforma: è sufficiente soffocarla.
Ed è quanto viene fatto per motivi di bilancio che spesso nascondono anche motivi ideologici anche nella culla friulan-giuliana della psichiatria riformata praticamente da sempre.

 

Rassegna stampa:

un interessante articolo sull’argomento