“La Madelón”: un canto anarchico spagnolo nella Brigata Fontanot

comparso su Germinal 125 – maggio 2017, pp. 14-15.


Chi non conosce le canzoni “Bella ciao” o “Fischia il vento” o magari, considerando il giornale che avete in mano, “Dai monti di Sarzana”?

“La Resistenza cantata costituisce uno dei capitoli più coerenti e commossi – anche se frammentari e compositi – di quel canzoniere civile che accompagna da oltre un secolo i fatti salienti della nostra storia”. Localmente tra i frammenti di questo inestimabile patrimonio canoro esiste un motivo poco noto: un canto anarchico spagnolo.

Brigata Fratelli Fontanot. La formazione si muove verso le postazioni. Si notano: Codern, Belletri, Mario Furlan, Marcello Fulaz e Mario Mininel. Archivio ANPI di Monfalcone.

C’erano infatti tre anarchici catalani tra i partigiani della Brigata Fratelli Fontanot costituitasi in Slovenia e intitolata, nel dicembre 1944, ai fratelli Armido Fontanot “Spartaco” e Licio “Bruno” caduti nella lotta. La cosa non deve stupire nonostante sia stata ignorata finché è stata riportata alla luce qualche anno fa.

Questa Brigata aveva un carattere ed una vocazione profondamente internazionalista in consonanza con lo spirito della classe operaia monfalconese che costituiva questa formazione in massima parte.

La Brigata era composta principalmente dai numerosi operai cantierini monfalconesi saliti “sul monte” dopo l’8 settembre 1943. Molti di loro erano saliti sul Carso con ancora addosso la tuta blu da lavoro portata “con fierezza proletaria”ii come tanti militanti antifascisti e anarchici che pochi anni prima, specialmente in Catalogna, avevano combattuto con la medesima divisa.

I tre compagni catalani sono registrati nell’archivio dell’ANPI di Monfalcone con i nomi Manuel Bajet Rafanel, nato il 25 agosto 1922, figlio di Giuseppe e Antonia Rafanel; Esteban Domingos, nato l’11 luglio 1919, da Lazzaro e Caritas Rodriguez e infine Rodrigo Eloj, nato il 24 maggio 1921, da Giuseppe e Maria Albanes. Non ci sono altre notizie se non i loro numeri di matricola nella Brigata Fratelli Fontanot in cui risultano aver militato dal 15 e 16 settembre 1944 al 24 giugno 1945. Sono annotate le località di provenienza e destinazione a guerra finita. Bajet Rafanel, nato a Premià de Mar, risultava essere dopo la guerra residente in Istria (vecchi partigiani mi hanno riferito a Capodistria, secondo Silvano Bacicchi a Lubiana). Domingos era rientrato in Spagna, in località non precisata, mentre Eloj risultava segnalato come residente a Felghera o Felgeva, ma probabilmente si tratta della località asturiana di La Felguera, sua città natale. Eloj, detto Elio, durante il periodo passato in montagna, era stato ricoverato in ospedale per un’infezione nell’aprile 1945.

I loro nomi compaiono nel libro sulla storia della Brigata Fratelli Fontanot di Giorgio Iaksetich, ufficiale italiano “referente” presso il Comando generale della Slovenia che in tale veste si occupò della costituzione della Brigata partigiana Garibaldi – Fontanot che poi confluì nel VII Corpus Jugoslavo e partecipò alla liberazione di Lubiana. Iaksetich, come l’ANPI di Monfalcone, si basa sull’archivio della Brigata Fratelli Fontanot che era piuttosto accurato. C’era stato un censimento interno che riportava le generalità dei combattenti. Questo materiale, dato per scomparso riemerse, secondo Silvano Bacicchi, con il terremoto del 1976 in una casa lesionata nella Selva di Tarnova dove tra i mattoni crollati sono state ritrovate queste schede.

Questi, vice commissario della Brigata, fu comunista, ma il padre Bernardo era libertario come ho potuto riscontrare in un documento poliziesco reperito presso l’Archivio di Stato di Trieste dove era schedato, nel 1906, come frequentatore a Trieste del “Circolo libertario di coltura”.

Questa la parziale trascrizione di una intervista fatta a Silvano Bacicchi il 9 novembre 2011:

Ho avuto da fare con anarchici veri, catalani. Non in Spagna dove non sono mai stato. C’erano tre spagnoli, tre catalani che sono scappati dalla Spagna nella Brigata Fontanot. Sentendo parlare dello sbarco in Normandia con l’arrivo delle truppe alleate questi tre hanno pensato di liberarsi da Franco passando i Pirenei e andando verso di loro. Invece hanno trovato i tedeschi che li hanno fatti prigionieri e in alternativa al campo di concentramento furono mandati con la Divisione Azzurra [División Azul] che i franchisti avevano costituito per mandarla sul fronte russo. Dal momento che non erano combattenti addestrati, essendo stati raccolti tra gli spagnoli che erano riparati in Francia, volevano fargli fare una certa preparazione. Come addestramento li hanno mandati, agli ordine dei tedeschi, nella Stiria slovena nella zona di Maribor con la funzione di repressione antipartigiana. Questi tre catalani una volta lì, però, alla prima occasione sono scappati e sono andati con i partigiani.

I partigiani sloveni però non tolleravano il loro comportamento. Gli parevano indisciplinati fuori di modo. E allora cosa potevano fare? E hanno detto: ‘c’è una Brigata italiana che si è costituita nella Slovenia meridionale, ed è la Brigata Fontanot, se volete andate con quella. E sono venuti con noi.

Manuel Bajet Rafanel era uno studente, lui diceva di medicina ma sì e no aveva studiato scienze e anatomia. Insomma è diventato il dottore della Brigata! Ha curato anche me da una colica terribile. E sono guarito! Sapeva il fatto suo infatti è diventato medico dopo.

Ce n’erano altri due che erano partigiani: non siamo riusciti MAI a fargli fare un’ora di guardia. ‘Mandami in pattuglia fuori’. Erano coraggiosi e si sono comportati bene come combattenti.

Non c’era da mangiare, c’era poco. Mangiavi una gamella di roba uguale per tutti. Erano quattro rape, due pezzettini di patata un po’ di carote con un brodo di carne che era l’unico condimento che avevamo. Senza sale perché il sale non lo abbiamo visto per sei mesi. Senza pane, senza polenta senza niente, quella e basta. Loro prendevano in mano ‘Me cago en dios!’ e PAM! Per terra lo buttavano. ‘Questa roba non la mangio!’. E allora andavano per le case: cosa molto rischiosa perché potevi trovare persone, che se potevano, ti aiutavano e ti davano qualcosa da mangiare, ma potevi trovare anche chi ti faceva un tranello chiamandoti dentro e quando uscivi trovavi pronta la Bela Garda [Guardia bianca, corpo antipartigiano sloveno] che ti prendeva o ti fucilava sul posto”.

Scheda di Manuel Bajet Rafanel. ANPI Monfalcone

Visintin ricordava bene il gruppo di spagnoli perché, come Poci, faceva il corriere e spesso aveva a che fare con il “medico compagno dott. Manuele”, che era giunto con una compagna slovena bionda e particolarmente avvenente. Secondo “Bocia” i due si sposarono “in montagna”. La cosa è dubbia. Restarono comunque fino alla fine della guerra insieme nella Brigata.

Scrive Iaksetich:

“Responsabile dell’infermeria di Brigata era il ‘dottore’ spagnolo Manuel Bajet Rafanel. Abbiamo messo tra virgolette il titolo accademico perché dottore effettivamente non era e non era neppure studente di medicina, come precisa una proposta di promozione sul campo presentata dal Comando di Brigata. Ma si trattava di un uomo capace, sicuro di sé e aveva la fiducia di tutti i pazienti che non ne mettevano in discussione gli interventi, compresi quelli chirurgici. Una volta che Manuel aveva compiuto un passo falso, il referente andò con lui da un medico sloveno perché ne venissero accertate le capacità. Risultò appunto che lo spagnolo non era medico: Manuel dichiarò di avere avuto un fratello medico in servizio nell’Esercito repubblicano durante la guerra contro il generale Franco e di aver lavorato al suo fianco”.

Al di là dei combattimenti risuonavano spesso canti. Si cantava durante i momenti liberi, marciando, mentre si pulivano le armi o la sera quando “spesso si uniscono al canto tutti i compagni, rendendo così allegre e piacevoli le lunghe e nostalgiche serate slovene”>iii.

Ed è in momenti come questi che, viene da pensare, i tre catalani hanno insegnato una canzone anarchica spagnola ai partigiani sloveni e italiani.

La rivoluzione di Spagna era un punto di riferimento anche per i partigiani della Fontanot. Non è un caso che il comandante Giorgio Iaksetich fosse stato anche combattente di Spagna, dove rimase ferito venendo in seguito internato in Francia condividendo la sorte di molti miliziani e volontari delle Brigate Internazionali. “Il Corriere Partigiano”, un giornale di cui si era dotata la Brigata, già nel secondo numero pubblicava un articolo di Teodoro Balbi intitolato “L’esempio dei garibaldini spagnoli” che comincia ricordando – ed il pensiero va a Rafanel, Eloj e Domingos – che “Molti giovani svincolandosi dalle grinfie naziste vennero nell’esercito di liberazione dei popoli, con il desiderio di essere armati, di partecipare alla lotta contro l’odiato nemico”. Si ricordava poi con ammirazione l’esempio dei combattenti garibaldini nelle brigate Internazionali. Su “Il Corriere Partigiano” uscito il 15 aprile 1945, scrive il suo primo (e ultimo) articolo un non meglio precisato G. M. annunciando l’istituzione del corpo guastatori della Brigata: “Già si sono iniziati i corsi di insegnamento. Siamo certi che questi nostri compagni emuleranno gli atti eroici dei ‘dinamiteros’ delle Asturie della guerra di Spagna contro i falangisti del fascista Franco”.


Partigian bel ragazzo innamoratoiv

Partigian bel ragazzo innamorato
che affrontasti la vita con ardor,
affrontasti il pericolo, spensierato
andasti al fronte a formare un battaglion.
Il battaglione andava ardito
contro il nemico invasor.
Il partigian restò ferito
dal vile piombo traditor.
La terra si bagnò
col sangue di colui
che per la libertà la gloria conquistò.
RITORNELLO:
La libertà, sì, sì, la libertà!
Del comunismo, libertà e lavor!
y en nuestros labios un grito seductor:
viva la FAI, la CNT, la juventud.
Capitan guapo hermoso y enamorado
frente si a la vida con amor
arrotando el peligro spensierado
partios pol frente formando un batallon.
El batallon es ardito
cuentro el fascismo envasor.
Nuestro taller es el santuario,
el mundo entero es nuestro altar
el comunismo libertario
no tardaremos de implantar.
Con el sangre del burgués
habremos de regar
los surcos de la tierra
y obtener más pan.
La libertad sin rey ni dictadores
el comunismo libertario pos
y en nuestros labios un grito seductor:
Arriba la FAI, la CNT, la juventud.

“Secondo l’informatore, Mario Furlan di Ronchi (Gorizia) ex partigiano delle Brigate Garibaldi, la canzone proveniva dal repertorio dei garibaldini operanti nelle Brigate Internazionali durante la guerra in difesa della Repubblica spagnola (1936-38). La testimonianza è suffragata, oltre che dal testo originale spagnolo (per verità un po’ guasto) cantato dall’informatore stesso, anche da altre registrazioni del medesimo canto effettuate a Trieste nel 1965”v.

Conosce perfettamente la canzone Alfredo GonzálezVI. “In Spagna veniva chiamata ‘La Madelón’ perché la musica era quella di un famoso canto francese che si chiamava ‘Quand Madelon’ (musica di Louis Bousquet e parole di Camille Robert) molto cantato durante la guerra del 1914-1918”. L’originale francese racconta di soldati alle prese con una bella e disponibile cameriera in una taverna di paese. È stata una delle canzoni più popolari in Francia durante la prima guerra mondiale ed è ben nota tuttora.
Il motivo si diffuse in Spagna dove ne venne fatta una versione rivoluzionaria con il medesimo motivo “sicuramente alla vigilia della proclamazione della Republica nel 1931” secondo González. Saranno miliziani di CNT e FAI a portarla in auge durante il periodo della Guerra civile. Ne vengono pubblicate le parole nel “Cancionero revolucionario” editato tra gli anarchici esilianti in Francia nel 1947. I partigiani della Fontanot avevano modificato alcuni versi della versione spagnola battezzandola “Partigian bel ragazzo innamorato”.

Dice Bacicchi:

“Devo tradurla dallo spagnolo, come l’avevamo appresa noi che poi l’abbiamo tradotta in italiano. Ed è terribile perché dice a un certo punto ‘partigian bel ragazzo innamorato che affrontasti la vita con ardor, andasti al fronte a formar il battaglione’ e poi così la cantavamo noi: ‘nuestro taller es el santuario/ el mundo entero nuestro altar/ el comunismo libertario no tardaremos de implantar/ con el sangre del burgués habremos de regar/ los surcos de la tierra/y obtener más pan’. Col sangue dei borghesi dobbiamo irrigare i solchi della terra perché ci diano più pane”.

Alcune le differenze rispetto al canto anarchico spagnolo. Ad esempio il richiamo al sangue dei borghesi, anziché alla libertà e all’allegria, quale fertilizzante per ottenere più pane. La versione cantata in zona si conclude inneggiando alla gioventù, accanto alle storiche organizzazioni anarchiche iberiche, invece che alla rivoluzione.

Conclude Bacicchi la sua intervista:

“Loro ci hanno insegnato una loro canzone che era una canzone dove si parlava del comunismo libertario. Il bello è che la cantavamo noi che eravamo comunisti eppure ci piaceva! L’abbiamo cantata qua dopo la Liberazione. Un po’ addolcita nella traduzione italiana”.

Questa storia era quasi persa e non sappiamo di preciso che fine fecero i tre protagonisti. Sappiamo che Bajet in seguito andò con la moglie in Slovenia dove se ne perdono le tracce. Gli altri rientrarono in Spagna stando alle fonti consultate. Dove, come e a fare cosa durante la dittatura di Francisco Franco non lo sappiamo. Sappiamo però che in quel periodo alcuni di coloro che rientrarono si diedero alla macchia, ci fu un certo movimento di maquis a prevalenza comunista tra le Asturie (la regione di La Felguera dove tornò Eloj), autonomista nell’Euskal Herria mentre in Catalogna erano attivi vari anarchici, il più rappresentativo dei quali era Quico Sabaté. Essenzialmente era una guerra civile di bassa intensità, fatta di rapine di autofinanziamento, rari scontri a fuoco, saltuari attentati. Con gli anni ’60 il movimento si esaurì. È suggestivo, oltre che verosimile, pensare che si avvicinarono a gruppi della guerriglia antifranchista.

Luca Meneghesso

Copertina Cancionero revolucionario, ediciones Tierra y Libertad, Bordeaux, 1947.

iSavona A. Virgilio, Straniero Michele L., Canti della Resistenza italiana, Milano, Rizzoli, 1985, p. 5.

iiANPI prov. di Gorizia (a cura di), Eravamo invece la Brigata proletaria…, A.N.P.I., Monfalcone, 1973, p. 29.

iiiEntrambe le citazioni si trovano in Iaksetich Giorgio (a cura di), La Brigata Fratelli Fontanot. Partigiani italiani in Slovenia, La pietra, Milano, 1992.

ivLa canzone, finora comparsa priva dei versi in spagnolo, è stata da me ricostruita ancorché in maniera incompleta sulla base della testimonianza resami da Silvano Bacicchi e dalla versione di Mario Furlan.

vStraniero Michele L. (a cura di), Canti della Resistenza italiana 7, I dischi del sole, Edizioni del gallo, Milano, 1965.

viRedattore del mensile “Tierra y Libertad”, della rivista “Germinal” e militante della Federación Anarquista Iberica di Madrid.

viiVidal Toni, Cancionero revolucionario, ediciones Tierra y Libertad, Bordeaux, 1947, p. 30.