L'esitazione di Luzi

Sono esitante a intervenire in ogni discorso che riguardi quell’emisfero che noi chiamiamo pazzia o con nomi analoghi, o adiacenti. La grande letteratura classica e moderna ha del resto reso incerti, ambigui i confini entro cui mantenere il discorso se vuole essere insieme non prevenuto e dialettico, come credo occorra a questo punto della evoluzione del sapere. Credo, e ne ho la forte insoddisfazione interna, che noi già commettiamo un abuso, già operiamo violenza ogni volta che impostiamo un’analisi o un ragionamento su quei fenomeni arrogandoci un’autorità di giudizio che non sapremmo bene spiegare chi ci ha conferito. Chi ci ha dato infatti quella autorità se non una convenzione provvisoriamente vincente di attitudini umane che non persuadono del tutto neppure noi?

Per me il disagio di argomentare su questa materia permane nonostante tutte le riduzioni forse utili, in ogni caso indispensabili alla ragione civile.
Detto questo mi rendo conto che ci sono delle malattie mentali così come ci sono malattie di ogni specie che colpiscono il folle come l’uomo ritenuto sano.
Per essere più preciso non ignoro, e nessuno deve farlo, che si verificano stati di anomalia e di disordine nel regime dei cosiddetti folli e alienati come in quello degli uomini detti normali, esposti però alle sorprese della fragilità psichica e psicologica.
È impossibile che i turbamenti interni al regime della follia siano più pericolosi, per il soggetto e per la convivenza, di quanto lo siano gli altri. E qui tutte le politiche e le strategie, le previdenze e le assistenze a me sembrano fatte secondo la legge del più forte. Che è la «nostra», ma così incerta perché non ha garanzie se non da noi: e in genere questo «noi» non ha delimitazioni sicure, tant’è che anche i «matti», quelli che noi giudichiamo così, si considerano normali.
Penso talora che qualche rimedio sarebbe possibile se noi potessimo pensare a tutta la casistica degli eventi che riguardano il cosiddetto universo della follia dall’interno della follia stessa, essendone coscientemente partecipi, così come sarebbe magnifico parlare dei sogni sognando; il che non accade, per cui le descrizioni dei sogni sono sempre arbitrarie.
Si tratta allora di aprire la medicina a una gamma di delicatissimi orizzonti, irrorati da un flusso di umiltà in cui dovremmo tutti incontrarci e riconoscerci.
 
Mario Luzi
[S. Zavoli, E. Smeraldi I volti della mente, Marsilio, Venezia, 1997]