Če povem: ti racconto il successo di un festival antifascista

da Konrad

Si è conclusa il 20 agosto appena passato la quinta edizione del festival Če povem in Slovenia a poco più di venti chilometri da Gorizia-Nova Gorica prossima città europea della cultura nel 2025.

Il primo fine settimana dopo ferragosto da cinque anni a questa parte però il centro della cultura transfrontaliera è il villaggio di Čepovan e precisamente al civico 83.

Če povem in lingua slovena significa “Te lo racconto” e gioca sull’assonanza con il nome del villaggio di Čepovan. Precisamente qui è ambientato il fortunato romanzo di Francesco Tomada e Anton Špacapan Vončina “Il figlio della lupa“ (di cui è in uscita a breve la versione in lingua slovena) che aggiunge maggiore incanto all’ambientazione di un festival di sempre maggior successo. Il libro è stato definito una fiaba antifascista, definizione che ben si attaglia anche a descrivere i tre giorni di iniziative appena trascorsi.

La magia che ritorna ogni agosto tra la natura incontaminata dell’altipiano della Bainsizza si è rinnovata anche quest’anno nonostante la tempesta che solo pochi giorni prima del festival ha rischiato di minacciarne la realizzazione. In accordo con i vari consessi del paese l’associazione Če povem (Umetniško Društvo Če Povem 83) e il suo presidente Anton hanno però deciso di non rinunciare a questa rassegna culturale e politica antifascista come forma di resistenza anche all’oltraggio degli agenti atmosferici estremi e in solidarietà con la cittadinanza della vallata.

Difficile riassumere il fitto programma della tre giorni con le sue emozioni e suggestioni. La cosa più importante da sottolineare è il suo contenuto che, non solo da un punto di vista linguistico, è trasversale a un confine che vorrebbe dividere sloveni e italiani.

Questi alcuni nomi che ci danno un’idea di quanto sentito. Tra i musicanti: Cielo Senza Mura, Bakalina Velika, Prismojenj Profesorji Bluesa, Paolo Saporiti, Yo Yo Mundi, Marongiu e i sporcaccioni, Rosamarina, Los Ekekos.

E poi ancora i giochi vichinghi con il torneo di Kubb, ma anche a palla e da tavola. Darko Nikolovski ha presentato il gioco “Diventa partigiano” nelle versioni slovena e in quella italiana curata con la collaborazione dello storico Eric Gobetti.

E poi la mostra fotografica sui profughi Rohingya, le poesie di Maurizio Benedetti, il libro di Sebastijan Pregelj “Il giorno in cui finì l’estate”. E ancora la presentazione con Elena Gerebizza dell’organizzazione ReCommon della graphic novel “Faula Birdi”, che denuncia la favola verde della metanizzazione in Sardegna.

Particolarmente emozionante l’incontro con Mario Candotto e Miloš Kumar, fratelli di due dei caduti dell’eccidio partigiano di Renče nel marzo 1943. Mario Candotto, con alle spalle 97 primavere di cui 83 di attivismo politico, ha anche raccontato la sua esperienza di partigiano, deportato, emigrante nella Jugoslavia di Tito e quindi di militante anarchico.

La collaborazione tra i due lati del confine, è necessario ribadirlo, è la cifra distintiva di questa tre giorni che organizzata dal basso sta crescendo sempre più ad ogni edizione in partecipazione e qualità.

Saprà il festival resistere a questo successo sempre maggiore senza perdere le sue radici ben piantate nell’humus antifascista di queste montagne?

Nel frattempo resta negli occhi la meraviglia di quanto visto e vissuto in un contesto splendido in questa entusiasmante edizione di Če povem.

Ben saldo nel palato il gusto dei bicchieri e delle pietanze assaggiati nella eroica cucina che ha affrontato con pazienza l’affluenza superiore ad ogni aspettativa iniziale (diverse centinaia di persone ad ogni serata si sono accalcate al bancone).

Če povem però è anche una sperimentazione collettiva in cui tutti e tutte le partecipanti hanno dimostrato di essere all’altezza del cambiamento che desideriamo vedere nel mondo: sensibilità verso le questioni ambientali e di genere, attenzione nelle relazioni e nell’alimentazione, spazi sicuri per tutte e tutti, socialità non mediata da strumenti elettronici, sorrisi e abbracci.

Risuona forte il grido più volte echeggiato nella tre giorni: “Smrt fašizmu!”. A cui in coro centinaia di voci rispondevano “Svoboda narodu!”.

All’anno prossimo a Če povem!